Benvenuta Aisha, bentornata Silvia.
“Sono giorni complicati/i giorni dello smarrimento/dove ti cerchi in una sola persona/e ti perdi in altre cento” canta il bravo Niccolò Fabi in una canzone che – almeno per questi versi – sembra scritta proprio per raccontare poeticamente la vicenda del ritorno in Italia di Silvia Aisha Romano, giovane cooperante rapita nel 2018 in Kenia e liberata in questi giorni complicati.
Insieme alla crisi sanitaria ed a quella economica, entrambe ancora di incerta evoluzione, siamo costretti a constatare l’aggravarsi di una virulenta crisi di valori quali umanità, solidarietà, rispetto.
Non intendiamo certo commentare la faccenda in sé. Per noi è bellissimo e giusto che Silvia Aisha sia finalmente tornata, in qualunque modo ciò sia accaduto, ed i sorrisi suoi e dei suoi familiari spiegano meglio di mille analisi la questione.
Resta però una sensazione di smarrimento, di amaro in bocca, nel constatare che questa bella notizia è stata occasione propizia per sciacalli e grilli per strumentalizzare ogni particolare, per cercare di travolgere tutto e tutti con la solita shitstorm dettata da odio e incapacità di comprendere.
In ogni caso, pur continuando ad ignorare questo inutile dibattito sul ritorno di Silvia Aisha, ci preme ribadire due concetti essenziali:
1) la cooperazione internazionale è l’unica strategia sensata per riparare ai secoli di colonizzazione indiscriminata e di etnocentrismo, un patto tra persone ma anche tra territori su basi paritarie, in un’ottica di dialogo e pacificazione che affermi il protagonismo delle comunità, nella più ampia partecipazione e condivisione di tutti gli attori sociali e istituzionali;
2) l’articolo 19 della Costituzione della Repubblica Italiana afferma che tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma. Punto.
Per questo, siamo felici di augurare benvenuta Aisha, bentornata Silvia.